Junk Food. Taxi Driver

Travis e Betsy in "Taxi Driver"
Travis e Betsy in "Taxi Driver"

Torno su Scorsese dopo averne già scritto a proposito del cibo italoamericano in Italianamerican. In modo alquanto sommario si può dividere il cinema scorsesiano, da un punto di vista alimentare, in due filoni. Da una parte c’è la tradizione rappresentata dagli spaghetti, dalla salsa di mamma Scorsese, dall’aglio affettato con la lametta da barba in Goodfellas ecc. In questi film il cibo è ritualità e segno di appartenenza a un clan, è convivialità ma anche occasione per discutere di affari (o’ businesse). L’altro filone è rappresentato dal junk food ossia il cibo spazzatura. In questo senso il film di Scorsese che maggiormente evidenzia il junk food è senza dubbio Taxi Driver. E’ interessante notare che da un punto di vista strettamente sociologico e simbolico il junk food è molto legato alla solitudine e all’individualità. Laddove il cibo e l’atto del mangiare tradizionale è un momento conviviale, di festa (e ancora una volta l’esempio dall’aglio affettato con la lametta da barba in Goodfellas è sintomatico: un luogo per eccellenza di solitudine e isolamento come il carcere diventa una sorta di dependence di un ristorante italiano), nel cibo spazzatura è l’individuo che consuma, da solo come in un dipinto di Edward Hopper. Non a caso molti fast food sono frequentati da persone singole, studenti, gente che viaggia per lavoro (soprattutto nelle stazioni). Certo, ci sono anche le famiglie ma il clima, per così dire, è diverso da quello di una pizzeria, di una trattoria o dello street food (sarebbe interessante mettere a confronto i due estremi ossia il fast food e la ristorazione dei grandi chef stellati: nel primo caso c’è una omologazione e spersonalizzazione dell’atto del mangiare, nel secondo caso c’è una sacralità e un’attenzione spasmodica al commensale che sfiora il timore, che incute in senso di paura, paura di alzare la voce, paura di storpiare il nome di un vino o di un piatto, paura di sporcare il tovagliolo, addirittura di mangiare). Torniamo a Taxi Driver. Il protagonista Travis Bickle (Robert De Niro) è l’emblema della solitudine (I’m God’s lonely man) che si rispecchia anche nel junk food. Le scene in cui lo vediamo alle prese con il cibo sono quasi sempre caratterizzate dalla solitudine più triste, anche quando è in compagnia della baby prostituta Iris (Jodie Foster) o dell’algida Betsy (Cybill Shepherd). Nella prima scena che ci mostra il suo squallido appartamento, vediamo delle stoviglie appese al muro probabilmente mai usate, scatole di biscotti, lattine di coca cola. Anche la scena con Iris che fanno colazione in un caffè è caratterizzata dal tipico junk food adolescenziale (una quantità esorbitante di zucchero su una fetta biscottata). Un po’ meglio sembra la scena tra Travis e Betsy durante il loro primo appuntamento: lei prende un caffè con della macedonia, lui una fetta di torta di mele con caffè. Un altro esempio del junk food in Taxi Driver è rappresentato dalla scena in cui Travis prende un Alka Selzer nel diner dove si ritrova con gli altri taxisti, cosa che è capitata a tutti noi quando mangiamo delle schifezze (non male anche il Maalox, il Geffer o il Biochetasi). Un’altra scena emblematica è quella in cui Travis è davanti al televisore quasi in catalessi, mentre con un cucchiaino mangia da un barattolo una specie di crema che potrebbe essere burro d’arachidi. Oppure quella all’ingresso del cinema porno quando, pagando il biglietto, acquista uno snack dal nome Clark, dei popcorn e un bicchiere di Royal Crown Cola (una bevanda alternativa alla Coca Cola e alla Pepsy Cola negli anni Settanta). Insomma, lo stesso menu grand gourmet che mangiamo anche noi prima dell’ingresso in una multisala.

 

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